L’Europa, l’Italia, la Sicilia (ovviamente) delle disuguaglianze e del torcicollo. “U chiu’ pulitu avi a …”

Tutti pazzi per definire le alleanze e affrontare le prossime elezioni europee, che si terranno dal 6 al 9 giugno.
In Italia si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno.
I Paese Bassi, per esempio anticipano il voto il giovedì, in Francia, invece, si potrà votare solo la domenica. Anche questa è “Comunità”.
I 720 deputati eletti (15 in più rispetto a questa legislatura, al massimo possono essere 750, oltre al presidente del Parlamento), tra l’altro, prenderanno decisioni che nel prossimo futuro influiranno sulla vita dei 450 milioni di persone e che riguardano anche il lavoro, l’ambiente e la sanità.
L’oracolo di Mario Draghi e Enrico Letta, espresso in questi giorni, sul futuro dell’Europa passerebbe dall’unificazione delle politiche fiscali (chissà cosa ne pensano i Paesi Bassi), della finanza, dei mercati, della difesa, del risparmio (le Banche, ovviamente, le tengono sempre strette nel cuore), dell’energia e dei grandi servizi determinati  – anche questi – dall’influenza delle lobby, che aspirano alla scelta politica della difesa comune.
I due big italiani avrebbero fretta di definire questi processi anche, secondo l’oracolo, in funzione del mondo che sta rapidamente cambiando.
Per costoro il lavoro non sarebbe un valore europeo, alla stregua dello stato sociale e di una sanità di qualità. Non passerebbe – per loro, ovviamente – nemmeno la questione dei salari dignitosi, della sanità accessibile a tutti, quindi dell’istruzione, del diritto a pensioni (almeno) da fine mese e alla casa. Insomma, tutto quello che riguarda la quotidianità del popolo, delle fasce deboli, per Letta e Draghi rappresentano una questione non di prim’ordine. Altro che Stati Uniti d’Europa.
Per alcuni, certi valori sfuggiti ai due saggi apparrebbero idee di sinistra, come a dire che la qualità della vita e il viverla dignitosamente sia appannaggio della sinistra o del centro sinistra, quindi gli elettori del centro destra o della destra godrebbero pienamente di tutto ciò a cui non hanno pensato i due ex inquilini di Palazzo Chigi.
Ovviamente non è così, siamo trasversalmente (quasi) tutti miseramente dentro la stessa barca.
La sanità, per esempio, non sarebbe un argomento a loro caro, non mi pare di avere letto alcuna presa di posizione rispetto a quanto deciso nel corso del Consiglio dei Ministri del 9 aprile scorso, nel quale sono state approvate le stime tendenziali della spesa pubblica, contenute nel Documento di Economia e Finanze 2024 (quelle programmatiche saranno scritte nel Patto di Stabilità).
La previsione di spesa preoccupa e non poco, Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE, oramai l’ultimo baluardo a difesa del Servizio Sanitario Nazionale (per sostenere la Gimbe è possibile donare il 5×1000, clicca QUI per approfondire).
«Rispetto alle previsioni di spesa sanitaria sino al 2027 – si legge nella nota diffusa dalla Fondazione GIMBE – il DEF 2024 certifica l’assenza di un cambio di rotta e ignora il pessimo “stato di salute” del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), i cui princìpi fondamentali di universalità, uguaglianza ed equità sono stati traditi, con conseguenze che condizionano la vita delle persone, in particolare delle fasce socio-economiche più deboli e delle persone residenti nel Mezzogiorno. Dai lunghissimi tempi di attesa all’affollamento inaccettabile dei pronto soccorso; dalle diseguaglianze regionali e locali nell’offerta di prestazioni sanitarie alla migrazione sanitaria dal Sud al Nord; dall’aumento della spesa privata all’impoverimento delle famiglie sino alla rinuncia alle cure».

Il torcicollo di Draghi e Letta, rispetto allo “stato di salute” della sanità italiana (non allineata alla media di spesa degli altri Stati in rapporto al PIL) – in verità – pare che sia una patologia che affligge anche i rappresentati delle istituzioni siciliane, a cui si aggiunge la “pazzia”, determinata dalla definizione degli accordi pre-elettorali e non di certo l’auspicio della piena applicazione – a titolo di esempio – dell’articolo 174 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea, che interessa proprio la “meno favorita” Sicilia.
Diciamocela tutta, i deputati uscenti o quelli che si accingono alla campagna elettorale (anche da “inseguitori”) hanno contezza del contenuto dell’intero Trattato di Funzionamento?
Figuriamoci, poi, se in Sicilia si pensa allo “stato di salute” della sanità (spesso disorganizzata), piuttosto il focus è su come gestire (e chi deve) i 10 miliardi di euro annui (di questo si tratta) che incidono per circa il 50% sul bilancio della Regione Siciliana.
In verità a queste latitudini e a Palazzo dei Normanni si è concentrati solo a come racimolare spiccioli per dare mediocri risposte al proprio collegio elettorale, non di certo a come dovrebbe essere la Sicilia nel 2044.
Salvo, ancora per qualche ora, discutere delle disavventure giudiziarie dell’onorevole Sammartino, che si è dimesso da assessore all’Agricoltura e da vice presidente della Regione, a seguito dell’interdizione per un anno dai pubblici uffici conseguente al suo presunto coinvolgimento in un’inchiesta giudiziaria coordinata dalla Procura della Repubblica di Catania.
Quindi, in salsa kafkiana, fuori da Palazzo d’Orleans ma dentro Palazzo dei Normanni. Sammartino rimarrà Deputato regionale e a pieno titolo manterrà il suo posto a Sala d’Ercole, che rischia di trasformarsi in sede di litigiose assemblee di condomino.
L’ultimo siparietto tra il presidente dell’ARS e l’onorevole La Vardera è la rappresentazione plastica di ciò che non era mai accaduto in quel Palazzo.
Insomma, al momento, in Sicilia si ragiona solo sulle alleanze europee, passando dall’eventuale coinvolgimento (indiretto) di Cuffaro e (diretto) delle sue donne e dei suoi uomini; le impellenti necessità (diritti!) dei restanti (ovvero di chi non ha avuto e non ha la possibilità di scappare da questa terra) non interessano a nessuno.
In realtà tutto ciò che in Sicilia è stato abilmente (direi) trasformato in emergenza non entra nei radar della politica. Più emergenze e più disuguaglianze si determinato più potere si acquisisce.
Che dire, a questo punto, senza volere urtare la sensibilità di alcun rappresentate delle istituzioni siciliane: etiam mundissimo homini scabies est, “u chiù pulitu avi a …”