I finanziamenti (esigui) a pioggia appesantiscono la croce che il popolo siciliano è costretto a portare

La Commissione Bilancio dell’Assemblea Regionale Siciliana, presieduta dall’onorevole Dario Daidone, ha dato il via libera all’articolo 6 della Finanziaria regionale.
Secondo l’assessore all’Economia Marco Falcone la decisione del “parlamentino” di Palazzo dei Normanni, “rappresenta un ulteriore e concreto sostegno che la Regione offre ai Comuni”.
I parlamentari che compongono la II Commissione, salvo sorprese in fase di approvazione definitiva, hanno destinato 40 milioni di euro al Fondo per le spese di progettazioni dei 391 Comuni siciliani.

41 mila euro ai Comuni

Secondo il testo licenziato il 40% verrebbe assegnato in parti uguali ai Comuni che per la progettazione potranno disporre di circa 41 mila euro, inoltre, in funzione della popolazione, tutti parteciperanno alla ripartizione dei restanti 24 milioni di euro, circa 5 euro a residente.
L’assessore Falcone è convinto che tali risorse concorreranno al miglioramento della “qualità della vita e servizi da garantire ai cittadini”.
Gli amministratori comunali, pertanto, a Legge di bilancio approvata, avranno a disposizione delle risorse, se pur esigue, per “poter competere al meglio nell’aggiudicazione di finanziamenti comunitari, statali e regionali, per realizzare opere e innovazione sul territorio”.
Di certo le poche migliaia di euro rappresentano una boccata di ossigeno per affrontare i costi della progettazione esecutiva necessaria per ottenere finanziamenti, tuttavia, il governo regionale dovrebbe mostrare maggiore impegno nel rivendicare altre possibilità che la Legislazione vigente ha destinato alla Sicilia, proprio per soddisfare i buoni propositi della maggioranza politica che governa la Regione e per non fare apparire la scelta politica della Commissione come un’arma di distrazione di massa.

Leggi e Costituzione non attuate

Partirei dall’applicazione della clausola del 34 % (Decreto Legge n. 243/2016 e s.m.i nella Legge n. 18/2017), ovvero la percentuale delle risorse ordinarie (per gli investimenti) che lo Stato dovrebbe destinare alle Regioni del Mezzogiorno, in proporzione alla popolazione residente. Per la Sicilia sono miliardi di euro ogni anno, che non introita.
Nell’agenda politica del governo regionale non risulterebbe prioritaria l’applicazione dell’articolo 38 dello Statuto Autonomistico della Regione Siciliana, che è di rango costituzionale e non è stato abrogato.
“Lo Stato verserà annualmente alla Regione, – si legge nella Carta approvata il 15 maggio 1946 – a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nella esecuzione di lavori pubblici”.
Il Dipartimento delle Finanze del MEF, a febbraio del 2020, assicurava che “La Regione Sicilia beneficia attualmente di 20 milioni di euro annui a titolo di contributo di solidarietà nazionale”.
Il terzo comma della Carta Costituzionale recita altresì che l’importo da riconoscere alla Regione Siciliana dovrebbe essere revisionato ogni 5 anni, in funzione delle “variazioni dei dati assunti per il precedente computo”.

Le domande (scomode?)

L’obolo che lo Stato versa alla Regione Siciliana, nel “nome della leale collaborazione” è stato messo in discussione e ritrattato, in funzione de “il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto della media nazionale”?
È una delle domande che ci poniamo.
Le domande non mancherebbero, se solo trovassero una risposta esaudiente.
Ciò nonostante non possiamo arrenderci e quindi continueremo a porle.
La Regione Siciliana è dotata di una programmazione territoriale di prospettiva, che fungerebbe da atto di indirizzo per la progettazione di opere e azioni che favoriscano il miglioramento della qualità della vita del popolo siciliano oppure si naviga a vista?
Una sorta di “modello econometrico multisettoriale per l’economia della Sicilia”, che elabori scenari a medio e a lungo termine, utile al decisore pubblico e fondamentale per l’elaborazione del Documento di Programmazione Economico Finanziaria (DPEF), considerato (ahinoi!) come un mero adempimento burocratico.

Modelli di sviluppo e debito sociale

Pensare a modelli di sviluppo e non solo alla remunerazione e alla scelta di chi dovrebbe elaborarlo, favorirebbe investimenti sui territori in funzione della vocazione degli stessi, in caso contrario ogni euro speso non produrrà alcuna ricchezza e rappresenterà solo un moltiplicatore di debito pubblico.
Se i governi della Regione Siciliana, succedutesi, si fossero dotati per tempo di un atlante delle vocazioni di certo avrebbero favorito in maniera produttiva la spesa, quindi la progettazione esecutiva, delle ingenti risorse in capo al PNRR.
È utile ricordare che il prestito che l’Europa ha concesso all’Italia, – quindi al popolo siciliano – finalizzato alla “ripresa della resilienza” (almeno ci è stata riconosciuta la capacità di resistere alla mala politica), deve essere restituito nei prossimi trent’anni, rappresenta un debito da aggiungere a quello esistente.
In realtà anche il fondo perduto, considerato un regalo, sarebbe da considerare come un debito sociale e dovrebbe essere visto in funzione della restituzione ai “resilienti”, in termini di qualità della vita.

Spreco di risorse: tutto il mondo è paese

A proposito di restituzione del denaro ricevuto in prestito, osservato nell’infinitamente piccolo del paesaggio madonita, anche se “tutto il mondo è paese”.
Come potrà mai aumentare il PIL (è la “moneta” che ci permetterà di onorare il debito nei confronti dell’Europa) demolendo e ricostruendo un plesso scolastico non essenziale a garantire il diritto all’istruzione?
Oltre due milioni di euro che il Comune di Castellana Sicula (Pa) “investirà” approfittando della mancanza di strategia.
E ancora, riguardo all’edilizia sanitaria e non di certo alla sanità.
Quanto c’è di logico e opportuno nel prevedere 4 case di comunità, in altrettanti Comuni (dei 9 che insistono nel Distretto Sanitario 35 di Petralia Sottana), un ospedale di comunità (all’interno della struttura che già ospita il presidio ospedaliero di Petralia Sottana) e una Centrale Operativa Territoriale al servizio di una comunità che a stento conta 23 mila restanti?
Circa 12 milioni e mezzo di euro, solo per la ristrutturazione degli immobili e per acquistare attrezzature e arredamenti. Personale sanitario a parte e di non facile reclutamento.

Fumo nel cappello

In ultimo, ma non per ultimo, ci sarebbe da chiedersi, a proposito di programmazione e di risorse statali e comunitarie.
Il Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC), pensato per la rimozione degli squilibri economici e sociali (in attuazione dell’articolo 119, comma 5, della Costituzione italiana  e dell’articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), rappresenta la carta bancomat che lo Stato utilizza per riempire di fumo il cappello tenuto in mano dai politici siciliani che bussano alla porta di Palazzo Chigi?